The sound of Black Roses!

Alberto Bergonzoni . Francesco Paonessa . Max Gazzoni . Oscar Bandiera

domenica 6 dicembre 2009

Truemetal.it - Maggio 2009

Attivi sin dal 1990, i bolognesi Black Roses sono finalmente giunti al tanto agognato primo capitolo discografico ufficiale, portando a compimento un processo evolutivo che li ha sempre visti vicini al classico ed ortodosso hard di chiara derivazione settantiana.
Max Gazzoni, leader del gruppo felsineo, è quello che si potrebbe definire a buon titolo un “decano” della scena rock di casa nostra: un profondo conoscitore della musica e delle sue dinamiche, con cui è stato decisamente piacevole scambiare qualche opinione relativa alla sua ultima fatica, l’interessante e, come lui stesso ama definirlo “vintage”, Unleashed Dogs.

Ciao Max!
Eccoci arrivati finalmente a questa intervista. Anzitutto ti ringrazio per la disponibilità dimostrata, facendoti i complimenti per un album che segna un buon passo avanti per i tuoi Black Roses, sia a livello artistico, sia in termini prettamente di carriera.
Per iniziare in modo tradizionale, è inevitabile lasciarti la parola, per fornire a chi non vi conosce ancora, qualche nozione biografica relativa al tuo progetto. Sarebbe interessante sapere, oltre a come i Black Roses si sono formati e alle varie vicissitudini di formazione, cosa vi ha spinto a mettere in piedi questo interessante gruppo. Amore per i grandi dell’hard rock o voglia di sfondare nel mondo della musica?

Ciao Fabio! Innanzi tutto ti voglio ringraziare per lo spazio concesso su uno dei maggiori portali musicali in circolazione! Allora, da che parte comincio? Dunque, la storia dei Black Roses parte da lontano, più precisamente dal 1989, quando, giovane ed entusiasta chitarrista, formai il mio primo gruppo dal nome, appunto, Black Roses. Il gruppo ebbe vita breve e due anni dopo si era già sciolto (non prima di aver registrato il canonico demo-tape!). Fu dopo lo scioglimento del gruppo che decisi, trovandomi con un sacco di idee per la testa, prima di affrontare, e successivamente di cambiare, strumento. Da quel momento l’amore per la musica mi ha portato a prendere parte ad innumerevoli progetti che mi hanno fatto crescere musicalmente ed umanamente nel corso di questi anni, oltre a concedermi la possibilità di fare un notevole palestra in ambito “live”. Fra questi progetti ricordo con piacere il mio primo gruppo “serio” (o per lo meno il primo gruppo che mi ha insegnato ad affrontare la musica in maniera professionale) e cioè i “Chroma”del mio carissimo amico Alberto Bergonzoni (Gli Atroci, ndr) con i quali, oltre a suonare per anni in lungo e in largo, registro un demo-tape ben accolto (allora) dalla stampa specializzata (il web era ancora in fasce …). Ho poi fatto parte delle prima line-up de “Gli Atroci” con i quali ho registrato il primo demo e svariati cori sui CD ufficiali. Nel 2000 ho conosciuto Francesco (il batterista) all’interno di una cover band (i “Back Beat”) con il quale si è subito creata affinità umana ed artistica, così, quando il gruppo si è sciolto nel 2003, è stato naturale decidere di continuare a suonare assieme; abbiamo così reclutato due amici di vecchia data (Andrea alla chitarra e Roberto al basso) per continuare il cammino intrapreso; inizialmente abbiamo irrobustito il repertorio delle cover, ma io avevo sempre una vocina che mi diceva che era ora di realizzare qualcosa di veramente mio. Così ho sottoposto ai miei compagni di avventura diversi brani che avevo nel cassetto da un po’ di tempo e che aspettavano solo l’occasione giusta per vedere (o rivedere) la luce. I pezzi sono piaciuti, quindi – più per passione che per altro – abbiamo deciso di registrare un CD autoprodotto, visto che al giorno d’oggi la tecnologia consente di fare qualcosa di ascoltabile anche a basso budget. Infine, dal momento che sono un inguaribile romantico (o nostalgico, dipende dai punti di vista), ho proposto di cambiare il nostro nome (che inizialmente era “F.A.R.M.”) in “Black Rose”, al singolare perché ero l’unico superstite della formazione originale e poi perché agli altri tre piaceva di più eh eh!
Per rispondere (finalmente) alla tua domanda, quello che ci ha sempre spinto sono stati la passione e l’amore per la musica e la voglia di fare qualcosa che fosse “nostro”, senza porci problemi di dove saremmo potuti arrivare, ma cercando di prendere e gustarci ogni cosa positiva che la musica ci dà.

Curiosità. Al vostro nome originale “Black Rose”, è stata aggiunta una “s” che ha reso il moniker al plurale. Motivo?

Due motivi: il primo (meno nobile se vogliamo) è che ci sono 8000 band nel mondo che si chiamano Black Rose, tant’è che ho passato la scorsa estate (mentre registravamo il disco) a cercare un altro nome alternativo che mi potesse piacere senza trovarne uno; il secondo è che sono troppo affezionato al nome Black Roses, per cui mi sono detto “chisse ne frega se ce ne sono altri” è ho deciso di rimettere la “s” in fondo … magari anche per chiudere il cerchio di una storia iniziata tanti anni fa.

Inutile rilevare come, Whitesnake, Purple e tutto quanto a loro riferibile, siano alla base della vostra proposta. Nel precedente demo “The Return Of The Black Rose”, i grandi Snakes erano oltretutto omaggiati con un’eccellente cover di “Looking For Love”, brano tratto dal celeberrimo 1987.
Come sei venuto in contatto con queste muse e come hai compreso che il loro stile sarebbe stato ciò che avrebbe animato in buona parte anche il tuo songwriting? Ci sono altre grandi realtà a cui vi sentite particolarmente affini?

Sono un grandissimo divoratore di musica da sempre, e ho sempre ascoltato di tutto.
So solo che la mia vita cambiò quando mi regalarono la raccolta “blù” dei Beatles, e un amico mi fece ascoltare Alive II e Made In Japan … E’ stato allora che ho scoperto che certe emozioni e sensazioni solo il Rock (meglio se con dosi massicce di chitarre distorte) me le riusciva a dare; a quei tempi non c’era Internet, non c’era Emule e di riviste ce n’erano poche: si costituivano dei gruppi di carbonari-rockettari e si scambiavano dischi e cassette, ci si affidava a qualche negoziante di fiducia e si cercavano le poche notizie nelle poche pagine dedicate all’Hard Rock all’interno di “Tutti Frutti” oppure scorrendo tutta la banda FM alla ricerca di qualche radio privata “eroica”.
L’elenco dei gruppi con cui sono cresciuto (e di cui non potrei mai fare a meno) potrebbe essere eterno, mi limiterò a citare quelli che mi fanno da colonna sonora da più tempo: Neil Young (il mio primo mito, colui che mi ha fatto prendere la prima chitarra e che mi ha ispirato le prime composizioni), Led Zeppelin, Pink Floyd, Marillion, Deep Purple, Whitesnake, Beatles, Queen, Michael Schenker Group, Iron Maiden, Black Sabbath, Kiss, AC/DC, Free e Thin Lizzy. A questi poi se ne sono aggiunti altri e tanti altri mi danno le stesse emozioni, ma credo che il mio modo di comporre musica sia stato forgiato da quest’elenco eterogeneo che mi accompagna dall’adolescenza; quando compongo non mi ispiro a qualcuno in particolare, ma sicuramente il mio songwriting è molto “seventies”, contemporaneamente Andrea (chitarra) è un divoratore ed è cresciuto musicalmente a dosi di NWOBHM e le sue parti di chitarra ne sono influenzate, così che il risultato finale credo risenta di entrambe le cose, creando un’alchimia che a me piace molto. Di sicuro essere accostati a nomi del genere mi fa un enorme piacere, anche se mi piace pensare che il prodotto finale risulti fresco ed abbastanza originale.

“Unleashed Dogs”, il vostro album di debutto, è giunto finalmente in porto dopo una lunga serie di lavori, incidenti e contatti che si sono poi risolti tramite il deal con New LM Records (distribuzione Masterpiece Distribution). Ci vuoi raccontare un po’ come si sono svolte le cose, e quali sono stati gli avvenimenti intercorsi tra “The Return Of The Black Rose” e questo disco d’esordio? Come siete venuti in contatto con New LM Records e Bologna Rock City?

Con Bologna Rock City siamo stati uno dei primi gruppi ad aderire al progetto circa 3 anni fa, anche se adesso non siamo legati da una collaborazione stretta; lo reputo un bel progetto, fatto con passione.
Prima di registrare “Unleashed Dogs”, eravamo già al lavoro su nuovo materiale per dare un seguito a “The Return”, quando si è presentata l’occasione di poter realizzare un CD affidandone la produzione artistica al mitico Alessandro Del Vecchio.
Al termine delle registrazione ed a master pronto (e mi permetto di ringraziare pubblicamente Nidya, il nostro produttore esecutivo, senza la quale non saremmo qui), ho iniziato a mandare i sample del CD a destra e manca.
Come spesso accade ho ricevuto qualche proposta “oscena” discograficamente parlando e gli immancabili “bello, ma in questo momento non possiamo fare nulla” ; proprio quando stavamo per gettare la spugna e iniziavamo a pensare seriamente all’autoproduzione, ho ricevuto la chiamata da parte di New LM a cui il lavoro era piaciuto, unitamente ad una proposta di contratto per la stampa e la distribuzione che ci ha soddisfatto.


Ecco, proprio lui. Il produttore del vostro cd è il celebre ed affermato Alessandro Del Vecchio, noto per aver prestato opera su molti prodotti di qualità usciti dalla nostra penisola. Come vi siete conosciuti?

Con Alessandro siamo venuti in contatto una prima volta quando abbiamo fatto da apertura alla data di Moonstone Project e Glenn Hughes nel maggio 2007 a Bologna, e già si era creata simpatia reciproca; poi a seguito delle buone recensioni che stava ricevendo il demo, mi è stato chiesto se potevo essere interessato a mettermi in contatto con un produttore che avrebbe potuto dare il classico valore aggiunto alle nostre composizioni: ovviamente ho risposto in maniera affermativa … ho quindi scoperto trattarsi di Alessandro (è vero che il mondo è piccolo. L’ ho contattato e ricevuto il suo interesse al progetto ed abbiamo deciso di lavorare insieme.

Di certo riterrai il suo lavoro su “Unleashed Dogs” soddisfacente e d’ottima qualità, cosa che mi sento personalmente di confermare. Mi diresti qualcosa in più sul taglio “vintage” che avete volutamente fornito ai brani, ed il motivo specifico di questa scelta particolare?

Sono molto contento di come è venuto il disco. Il taglio “vintage” è stata un’idea di Alessandro avallata da tutti noi, in quanto una produzione troppo moderna avrebbe finito per snaturare il nostro sound. Inoltre il nostro genere è già di suo abbastanza “vintage” per cui abbiamo cercato di farlo suonare più analogico e meno digitale.

“Unleashed Dogs” è composto in buona parte da edizioni rivedute di pezzi già contenuti nel vostro precedente full length autoprodotto, più alcuni inediti. Su quale base avete selezionato le tracce da recuperare e come le avete poi rielaborate in studio? Come sono nate invece le canzoni recenti?

Come detto in precedenza, prima di avviare la collaborazione con Alessandro, stavamo già lavorando su alcuni brani nuovi, perché era nostra intenzione dare un seguito a “The Return”. Nel momento in cui si è presentata la possibilità di lavorare con Ale, abbiamo pensato, confrontandoci con lui, che poteva essere una buona idea rendere giustizia a livello di produzione e registrazione anche a brani presenti su “Return”, anche per sistemare alcune stesure o passaggi che, col senno di poi, avremmo voluto cambiare o che non ci avevano pienamente soddisfatto. Abbiamo quindi sottoposto ad Alessandro una quindicina di brani già pronti da cui ha scelto i dieci da inserire sul disco, unendo poi le forze in fase di arrangiamento e affidandoci al gusto e all’esperienza di Alessandro.

Hai qualche aneddoto particolare da raccontare al riguardo delle lavorazioni di “Unleashed Dogs”?

Mi vengono in mente le orrende tutine di Francesco e il caldo terrificante durante le registrazioni delle parti vocali, con Alessandro letteralmente sdraiato su due sedie a governare il mixer. E’ stata un’esperienza importante sia dal lato musicale sia dal lato umano; Alessandro, oltre ad essere una delle persone più preparate con cui ho avuto il privilegio di lavorare, è anche una gran bella persona.

La tua impostazione vocale si mostra piuttosto affine, oltre che al classico hard rock, anche a toni maggiormente blues. Hai svolto studi particolari? Come ti sei formato come singer?

Ho ovviamente studiato e continuo a studiare il mio strumento ed ho avuto diversi insegnanti da cui ho appreso tanto in termini di tecnica vocale, però ho sempre cercato di lasciare libera l’espressività e l’emotività. La tecnica mi serve soprattutto per non sgolarmi e per fare meno fatica, ma ho sempre prediletto cantanti passionali come Plant, Hughes, Coverdale, Rodgers e via di scorrendo, piuttosto che cantanti con una voce incredibile e una tecnica pazzesca, ma freddi come un freezer, e questo ha sicuramente influenzato il mio modo di cantare.
Come cantante sono nato quasi per caso (sono nato come chitarrista), e mi sono costruito passo dopo passo con sacrificio e sudore conscio del fatto che non si finisce mai di imparare.

Se potessi rubare le corde vocali di qualche “pezzo da novanta”, attivo in qualsiasi genere musicale, chi sarebbe la tua vittima prediletta e perchè?

Se potessi rubare le corde vocali a qualcuno le ruberei senza ombra di dubbio a Hughes e Coverdale, cercando di creare un ibrido tra i due; credo che gli impasti vocali che hanno creato su Burn e Stormbringer (penso ad un pezzo come Sail Away ad esempio) rappresentino il massimo.

Non saprei proprio come darti torto…
Veniamo ora ad una domanda un po’ particolare. Guardandoci un po’ attorno, non si può fare a meno di notare un mare di mediocrità, soprattutto per quanto concerne la musica che ci viene offerta dai mass media. Gruppetti di scarso livello che approdano a grandi contratti solo perché sono di tendenza e magari non hanno vere qualità, singer che puntano tutto sull’immagine, piuttosto che sul reale valore della loro musica.
Dall’alto della tua lunga militanza in ambienti decisamente meno esposti, ed alla luce delle sempre notevoli traversie che un gruppo di autentico rock deve sostenere per arrivare ad un contratto, come ti poni nei confronti di questi fenomeni, che sembrano ormai divenuti la routine dell’offerta musicale nostrana?

La musica è sempre stata business, e i fenomeni usa e getta ci sono sempre stati, perché purtroppo è quello che la gente si sente propinare quotidianamente. Il tempo è l’unico giudice imparziale, per valutare la validità di un prodotto.
Sono ormai vent’anni che in un modo o nell’altro faccio musica. Quand’ero più giovane certi “fenomeni” mi facevano incazzare da morire, perché non riuscivo a capacitarmene … poi il tempo passa ed impari ad ignorare, e l’essere refrattario alle mode ti aiuta e ti fa pure sentire “superiore”. Purtroppo il contesto sociale e culturale attuale è di atrofia cerebrale quasi irreversibile, se pensiamo che le massime aspirazioni di adesso siano diventare veline o partecipare a qualche reality, per cui credo che sia normale, purtroppo, affogare in un mare di mediocrità a tutti i livelli, non solo nella musica; e poi siamo in Italia che, oltre ad essere un noto paese di raccomandati e marchettari a qualunque livello, non ha un background culturale musicale che si possa definire esattamente Rock, quindi il nostro amato genere è per forze di cose destinato ad essere un qualcosa di “elitario”, lo è negli ascolti e lo è quando fai questa musica. All’estero questa musica tira più che da noi, credo che sia inconfutabile, purtroppo in Italia pensando alla musica Rock tendiamo a soffrire di esterofilia per cui è veramente difficile emergere in questo ambito, ed è un peccato perché di gente capace ne abbiamo pure noi. Se a questo aggiungiamo il fatto che adesso come adesso i dischi non si vendono più, mentre al contempo sono aumentate le produzioni e le proposte, credo sia naturale che gente disposta ad investire sia difficile da trovare, perché comunque il mercato è saturo e per le piccole etichette la sopravvivenza è difficile. Diciamo che in questo momento me ne sono fatto una ragione e vivo la situazione senza patemi; tutto quello di buono che mi arriva me lo sono guadagnato e meritato, tanto o poco che sia non ha importanza.

Se ti proponessero un giorno di partecipare, per fare un esempio, ad un programma per le masse come X-Factor, accetteresti?

Sono sincero, trasmissioni come X-Factor, Amici, Grande Fratello e compagnia non so nemmeno come siano fatte; so solo che esistono e che contribuiscono alla decerebralizzazione globale. Per cui, ammesso che mi venga mai proposto, non saprei risponderti … a pelle ti potrei dire che rifiuterei assolutamente (anche per una questione di coerenza con quanto detto finora).

Fuor di retorica, pensi che la musica dei Black Roses abbia le carte in regola per sfondare, o preferisci che la tua creatura rimanga un po’ nell’underground, a vantaggio di soli appassionati e cultori del genere? Saresti mai disposto a cambiare qualcosa per fare in modo che le tue canzoni possano incontrare maggiormente i favori del grande pubblico?

Domanda difficile … comunque, fuori di retorica sì, credo di sì. Per il fatto che mi sono giunti apprezzamenti sulla mia musica anche da persone che hanno sempre reputato l’Hard Rock “solo rumore” e questo non può che farmi piacere. E’ ovvio che mi piacerebbe far conoscere la mia musica a più gente possibile, ma purtroppo non dipende solo da me, è anche una questione di quanti soldi ci sono per darti visibilità, anche se tutto sommato con I-Tunes adesso puoi arrivare dappertutto (certo che poi si deve sapere che ci sei); però non credo che cambierei nulla di me o della mia musica per accattivarmi i favori del pubblico o, meglio, dipende da quali e quanti compromessi dovrei affrontare e se, soprattutto, il gioco vale la candela. In ogni caso credo che ogni pezzo del disco abbia raggiunto il proprio giusto equilibrio. Poi, è chiaro, se domani arrivasse la Geffen a propormi un contratto a patto di farmi biondo e cotonato, probabilmente lo farei ! ahahahahahaah

Beh, ora che hai retto a queste domande “pesanti”, non ci resta che concludere con il classico trittico…
Progetti per il futuro ed obiettivi?

In questo periodo oltre ai Black Roses, sto portando avanti anche un progetto parallelo dal nome “Fire & Water” (nato nel 2005) che mi vede coinvolto assieme a chitarrista, batterista e bassista de “Gli Atroci”. Adesso come adesso siamo “solo” una cover band che serve come valvola di sfogo rispetto agli altri impegni di ognuno, ma il mio sogno è di arrivare a qualcosa di più concreto. Parallelamente ho inciso cori su un brano del cd in lavorazione dei miei amici “Tarchon Fist” (oltre che a qualche coro per il nuovo cd de “Gli Atroci”) e ho registrato un brano per il gruppo “Second Sight” di Genova. Infine sono riuscito a terminare le parti vocali del mio cd solista (la cui produzione artistica è di Alberto Bergonzoni – chitarrista di “Fire & Water” e “Gli Atroci”e coautore dei brani) che è in lavorazione ormai da anni, anche perché negli ultimi 3 anni mi sono dovuto concentrare totalmente a “The Return” prima ed a “Unleashed Dogs” dopo. Sono molto soddisfatto e spero di avere pronto il master entro la fine dell’anno. A settembre con Francesco inizieremo a mettere giù le stesure e gli arrangiamenti dei nuovi brani per i Black Roses, nella speranza di dare prima o poi un seguito a “Unleashed Dogs”, le idee e la voglia non ci mancano; spero che “Unleashed Dogs” riesca ad avere un discreto riscontro, perché credo molto in questo progetto e perché sarebbe di conseguenza più semplice riuscire a dargli un successore, visto che già diversi pezzi sono in cantiere.

Situazione concerti e date live. Avete qualche proposta concreta per qualche show futuro?

Al momento siamo in attesa di vedere se tutta una serie di chiacchiere e contatti si possono concretizzare in qualcosa di tangibile; abbiamo molta carne al fuoco ma nessuna certezza, magari con qualche buon riscontro sul CD qualcosa si muove anche da questo punto di vista.

E per terminare, un tuo pensiero per chiudere degnamente questa chiacchierata.

E’ stato un piacere, spero di non essere stato troppo prolisso, ma la sintesi non rientra fra le mie virtù principali … Per il resto che dire, mi piacerebbe se qualcuno fra i lettori di TrueMetal si incuriosisse e si soffermasse ad ascoltare i sample o i brani del nostro CD e mi farebbe anche piacere ricevere le loro impressioni (se poi qualcuno compra anche il CD ancora meglio, eh eh eh). Noi l’abbiamo fatto con passione e ce l’abbiamo messa tutta e vorremmo portare il nostro contributo per dimostrare che anche in Italia abbiamo tante band valide che fanno musica come (e a volte meglio) certi blasonati gruppi stranieri e che meritano tutto il nostro supporto per poter emergere.

Che dire, ti ringrazio di nuovo Max, è stato un piacere come sempre. Ci vediamo appena possibile, magari live! Ciao!!!!

Ciao Fabio, il piacere è stato mio. Ci conto!!!
Rock ON
Intervista a cura di Fabio Vellata

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