The sound of Black Roses!

Alberto Bergonzoni . Francesco Paonessa . Max Gazzoni . Oscar Bandiera

domenica 6 dicembre 2009

Entrateparallele.it - Aprile 2007

Prendete un chitarrista della provincia di Bologna alla soglia degli -anta (il riferimento all’età è doveroso non perché si vuole infierire, ma perché quando parla degli anni passati lo può fare perché lui c’era, noi no), mettetelo un sabato sera nebbioso qualunque davanti a un paio di drink tranquilli in un qualsiasi locale dove in sottofondo ci siano un misto di Scorpions e Guns and Roses, ed avrete l’atmosfera nella quale si è consumata l’intervista a Max Gazzoni, mente poliderica dei Black Rose e di molti altri progetti musicali, esponente di Bologna Rock City e persona estremamente garbata e precisa.

Partiamo dalle origini: a che età e perché hai iniziato a suonare?

Ho sempre amato tantissimo la musica e ho iniziato a suonare la chitarra verso i 16 anni, poi per gioco ho iniziato a scrivere qualcosa e a cantarci sopra, ed ho quindi cambiato strumento. I primi passi come cantante li ho mossi negli anni ’90, mentre con la chitarra ho iniziato come autodidatta alla fine degli anni ’80, appena ho avuto i soldi per comprare una chitarra e andare a lezione. Ho iniziato a strimpellare, suonare, e da lì è stata la fine, perché la musica è diventata una costante della mia vita; poi iniziando a cantare sono nati e morti mille progetti, con alcune costanti come i Chroma con cui suono dal ’94 e che sono compagni di viaggio ormai da tanti anni. Nonostante ormai il mio ruolo sia principalmente quello di cantante, ogni tanto, mi piace riprendere fuori la chitarra, specialmente quella acustica, e farci qualcosa.
I Chroma, per la cronaca, sono un gruppo storico di Bologna, che esiste da 20 anni, in cui suonano Alberto Bergonzoni (chitarra) e Claudio Venturi (batteria), che sono le menti di un altro gruppo: Gli Atroci. In passato abbiamo fatto qualche demo, una marea di concerti, e ufficialmente siamo ancora attivi, e prima o poi torneremo fuori.

Potresti dirci qualche altro progetto a cui hai partecipato?

Tra i progetti principali, mi piace ricordare l’esperienza con Gli Atroci, dove ero uno dei coristi. Ricordo con molto piacere una tribute band che avevamo con Max Festa e Piero dei Perfect Strangers (tribute band dei Deep Purple, ndr), un misto di Whitesnake, Deep Purple e cose varie, e infine i Black Rose, perché sono una delle creature che sento essere più mie. Inizialmente ero entrato in un gruppo insieme a Francesco, batterista dei Black Rose, poi a un certo punto il gruppo si è sciolto e ci siamo detti: “Perché smettere di suonare?”, così abbiamo coinvolto altri due amici, Andrea alla chitarra e Roberto al basso, e da questa fusione è nato tutto quello che sta venendo fuori ora.
Parallelamente ho contribuito a formare i Fire & Water assieme ai musicisti de Gli Atroci.

Attualmente sto anche lavorando ad un progetto solista assieme ad Alberto Bergonzoni, i lavori procedono, ma non so fare previsioni sulla sua release … diciamo che sarà pronto quando a “lui” andrà tutto bene….

Quindi, sei nato come chitarrista, ma suoni anche qualche altro strumento?

Oltre alla chitarra ho studiato anche teoria musicale. Per comporre e per fare melodie, mi appoggio anche sulla tastiera, perché la trovo più agevole della chitarra da questo punto di vista, anche se sono ben lontano dal poter dire di saperla suonare.

Per quanto riguarda invece l’album dei Black Rose, come sta andando? Che riscontri hai avuto da parte del pubblico e da parte di chi l’ha ascoltato? Sono state pubblicate altre recensioni?

E’ stata pubblicata una recensione su Slamrocks, che parla del nostro CD in modo positivo. Anche la manager dei Soul Doctor si è complimentata con noi dopo aver sentito le nostre canzoni. Abbiamo conosciuto i Soul Doctor nel backstage (nella data di Bologna il 9 dicembre 2006, ndr), e in quell’occasione abbiamo scoperto che non tutte le rockstar se la tirano, nel loro caso non è assolutamente vero, in quella serata, per le difficoltà che ci sono state, loro sono stati dei veri professionisti e delle persone molto disponibili. Per quanto riguarda il riscontro da parte del pubblico, è più che positivo, anche se per alcuni problemi abbiamo dovuto rallentare un po’ la distribuzione. Abbiamo cercato di dare maggior risalto al “gusto”, anche se è normale come per ogni cosa, che il fattore gusto sia soggettivo, ed è normale che di fronte ad una canzone le opinioni siano le più disparate.

C’è un modello a cui ti sei ispirato, o a cui ti ispiri tuttora, nel momento in cui suoni, canti o componi, e perché? Immagino ad esempio che tu faccia riferimento a David Coverdale.

Ho una serie di modelli e influenze. Inizialmente, essendo un chitarrista, il mio idolo era Michael Schenker, anche se i primi due chitarristi che ho amato sono stati Jimmy Page e David Gilmour, non tanto per la bravura tecnica ma per il feeling che esprimono suonando. David Coverdale (come influenza) è venuto fuori un po’ dopo. Personalmente nel fare musica, una cosa che cerco di fare risaltare è proprio la ricerca del feeling. A volte si tende a cercare troppo la perfezione, e si corre il rischio di fare dei bei pezzi, suonati bene, ma freddi; per carità, siamo liberi di fare quello che ci sembra giusto, però ascoltare un po’ di più i vecchi classici, ascoltare le poche note e, perché no, anche le imperfezioni che ci sono, aiuta. Per la magia, il gusto che c’è in certi fraseggi…non so, tu ascolti un chitarrista, ti fa ottomila note, però dopo un po’, non ti trasmette sensazioni che altri, magari con meno tecnica, riescono a farti sentire con tre note. Poi è chiaro che erano altri tempi, e gli anni ’70 rimangono secondo me una pagina irripetibile per la musica. E il mio pensiero di “fare musica” è nel nostro CD, perché è tutto, fuorché perfetto. E nemmeno ha la pretesa di esserlo. Ci sarebbe anche da raccontare come è nato, perché è stata una mezza odissea; e poi è normale che, facendo tutto da soli e non avendo nessuno che ti segue alle spalle, alcune cose tu da solo finisci per non notarle; quindi nel fare il CD abbiamo preferito dare maggiore risalto al gusto piuttosto che al tecnicismo fine a se stesso. Per musica io intendo cuore, non deve essere soltanto una dimostrazione tecnica. È chiaro che adesso, se non hai un minimo di tecnica, non vai da nessuna parte, però se hai delle idee… e qui mi viene in mente una delle mie principali influenze a livello chitarristico e compositivo e che corrisponde a quel genio di Neil Young.

Musicalmente sono “onnivoro” e mi piace ascoltare di tutto, dai Dream Theater agli AC/DC … però se ho voglia di emozioni, tiro fuori qualche vecchio classico.

Quindi secondo te, nella musica di oggi, non c’è nessuno che raggiunge non dico gli stessi livelli dell’epoca, ma che comunque ha lo stesso modo di ragionare, lo stesso modo di fare le cose più come passione che come sfoggio di tecnica, o c’è ancora qualcuno che agisce così?

Di gente brava e che produce ottimi dischi ce n’è parecchia., in giro… magari mancano un po’ le idee, anche perché ormai è stato già fatto tutto e il contrario di tutto. Ad esempio, amo molto i Ten, che non fanno nulla di nuovo, però quello che fanno lo fanno bene, e si sente che lo fanno con passione e ti arrivano al cuore, quindi è un bene! A volte per dimostrare quanto si è bravi, si perdono di vista altri aspetti, anche se credo che in parecchi casi sia frutto di precise (e rispettabili) scelte artistiche. Credo anche che dipenda da certe logiche di mercato, d’altra parte viviamo in un mondo che privilegia l’apparire rispetto all’essere. Tornando alla domanda, un altro gruppo che ultimamente mi emoziona veramente tanto sono i Pride Of Lions, l’ultimo live è qualcosa di spettacolare. Ma dei gruppi da “isola deserta”, il più recente che mi viene in mente sono i Savatage.

E invece nella zona di Bologna c’è qualche gruppo che stimi particolarmente?

A parte gli Atroci, che non posso non citare perché ci sono troppi vincoli affettivi, ammiro molto i gruppi storici. Stimo e rispetto molte persone; mi vengono in mente i Crying Steel, i Markonee, i Rain, perché sono la storia di Bologna che resiste da anni, e poi ci sono tanti altri gruppi, meno conosciuti e che meriterebbero maggior fortuna.

A livello di scena, secondo te Bologna è cambiata, diciamo all’incirca negli ultimi 10-15 anni, e se sì, è cambiata in meglio o in peggio, o è rimasta uguale? Si sta evolvendo o sta tornando indietro?

Bologna secondo me si sta risvegliando dal punto di vista della creatività musicale e, a parte noi, stanno nascendo progetti di musica originale, mentre gli ultimi dieci anni sono stati mortalmente minati dalle cover band, intendo soprattutto come spazi concessi a chi vuole suonare. Il problema di Bologna è che ogni tanto pecca un po’ di lassismo, forse, o più che lassismo, di immobilismo. Tanta gente dice che sarebbe ora di fare cose nuove a Bologna, poi c’è qualcuno che si sbatte per organizzare, e trovi serate con gruppi che meritano ma non c’è nessuno. È brutto, perché comunque Bologna ha veramente un potenziale grandissimo.
Se andiamo indietro anche negli anni ’80, con gruppi storici che hanno un nome a livello nazionale, troviamo i Danger Zone, che sono nostri, i Crying Steel, che sono sempre nostri; basterebbe magari anche un po’ più di collaborazione tra i gruppi, ma che viene a mancare e che spesso avverto, perché chiaramente la pagnotta è piccola e tutti ne vogliono una fetta.

Ok, tornando invece adesso a parlare dell’album, qual è la tua canzone preferita e perché?

Ne potrei citare due. Una preferita a livello di canzone, e un’altra è preferita per come è venuta.
La preferita a livello di canzone è indubbiamente “Far Away”. È una canzone a cui sono molto legato, non ti so neanche dire perché; nata come un’ipotetica dichiarazione d’amore a una donna ideale, che come sappiamo non esiste, per cui fin da quando l’ho scritta ha sempre avuto un ruolo particolare. Invece quella che mi ha stupito di più per come è venuta è “Never Fall In Love Again”, non tanto per il significato della canzone, che è abbastanza immaginabile, ma per come si è sviluppata, sia a livello strumentale che a livello vocale; è venuta con un calore particolare, con molto feeling, sia interpretativo che strumentale; è proprio calda, rispetta in pieno quello che per me è il fare musica, fare qualcosa prima di tutto con il cuore, perché chi ascolta deve “sentire” che quello è un pezzo di noi, che è stato fatto per e con passione, prima di tutto. Non so dirti bene il motivo per cui cito queste due, perché comunque tutte le canzoni che scrivo sono mie figlie, quindi tutte sono più o meno allo stesso livello, anche perché quelle che non mi piacciono vengono prontamente cestinate.

E invece, parlando in generale della tua attività live, quando tu sei sul palco, quali sono le cose più importanti per te?

Noi usiamo uno strumento che è troppo vincolato da mille fattori esterni. Però per fortuna lo studio dello strumento ci aiuta in questo senso, per cui un piccolo malanno si riesce a sopportare bene. Quando sono sul palco penso che mi sto divertendo, non lo faccio per soldi, ma perché mi diverto. Se riesco a far divertire anche voi che siete giù dal palco, ho raggiunto il mio obiettivo. Se invece la gente non si diverte, anche se quella è la sera che ho dato il meglio, per me è una serata da scartare. Quando sei lì, sì lo fai per te, ma lo fai soprattutto per chi ti ascolta, quindi è importante che si senta l’amore per quello che stiamo facendo. Poi è umano sbagliare, ma penso che sia così in ogni cosa della vita.

Hai dei trucchi per curare la voce? Fai degli esercizi particolari prima di un concerto?

I trucchi sono quelli di tenere sempre la voce allenata, quindi non stare mai tanti giorni senza cantare. Cerco sempre di non prendere freddo, evito i superalcolici; acqua e basta quando devo cantare, e benedico, pur essendo un fumatore, la legge anti fumo nei locali, perché è stato un vero toccasana. Anche quando si poteva fumare, non ho mai fumato mentre cantavo, perché comunque dà noia, e quando i locali erano pieni di fumo dava veramente fastidio.

Hai un tuo sogno nel cassetto a livello musicale che non hai ancora realizzato e che vorresti realizzare?

Aprire una serata per Glenn Hughes (e questo sogno si potrà realizzare …ndr). Mi piacerebbe anche trovare qualcuno che decida di distribuire il CD in maniera seria, che mi dica che le canzoni sono belle e che le faccia suonare anche a qualcun altro; non è che ho velleità di fama o chissà cos’altro, però sicuramente trovare qualcuno che crede nelle mie canzoni mi piacerebbe. Un altro mia speranza sarebbe anche trovare qualcuno che ci faccia un po’ di booking, perché da soli diventa un secondo lavoro, a cui non riusciamo a stare dietro.

Se potessi trasformarti in un musicista di fama internazionale per un giorno, chi vorresti essere?

Coverdale, per il carisma. Lui ha avuto un dono incredibile in quella voce, e un carisma tale per cui, quando è sul palco, senza dire niente, con un sospiro nel microfono, fa tutto quello che deve fare. Tecnicamente mi piace Hughes, ed è il mio modello di studio, però Coverdale rimane il mio modello in fatto di espressività e di calore nella voce. Ed infatti ho un sacco di bootleg in video che vanno dai primi anni ai giorni nostri.

E questi sono poi i video che fai vedere a tuo figlio?

Non è che glieli faccio vedere io, sono quelli che vuole vedere lui! Tutto è nato un giorno in cui io comprai il DVD dei Deep Purple, “In Concert 72/73”; arrivo a casa e lo metto su. È arrivato il frugolino, che all’epoca aveva circa 2 anni, e da allora è nata la passione. Poi ho detto: vabè, sempre i Purple, no, devo alternare, e adesso diciamo che alterna i cartoni animati a Whitesnake, Purple, Kiss, e compagnia bella, e con mio sommo piacere l’altro giorno ha scoperto i Thin Lizzy. Poi, se a lui non piace una cosa, non gli piace, punto; infatti anche per i pezzi del CD è stato un critico molto ascoltato, per cui se un pezzo non gli piaceva, non si metteva. Il suo pezzo preferito è “Billy”.

Ok Max, ti ringrazio e ti lascio il saluto finale ai lettori di Entrateparallele.

Beh, a parte che fa piacere se fate un salto ad ascoltare i sample e lasciate i vostri commenti, belli o brutti non ha importanza…la musica è una delle cose più belle della vita, per cui bisogna sostenerla in tutti i modi, che può essere andando ai concerti, comprando CD, ma anche mandando dei messaggi a gente che si fa il mazzo a creare musica propria e magari non ha i mezzi per farla conoscere. Spesso mi rendo conto che può esser frustrante, crei, inventi, componi e non vai da nessuna parte. Io personalmente ho raggiunto un equilibrio, nel senso che il CD l’abbiamo fatto principalmente per noi stessi, e quella comunque è una spinta che ti aiuta a farlo bene, però ti aiuta a farlo anche più rilassato, perché comunque non ti aspetti nulla. Tutto quello che arriva dopo è guadagnato. L’augurio alle band giovani è quello di non arrendersi, perché comunque la musica si fa principalmente per noi stessi, poi viene tutto il resto. Nel momento in cui mi renderò conto che fare musica sarà un peso, vorrà dire che sarà il momento di smettere, ma non credo che succederà mai. Mi piace sempre citare una frase di un noto attore che diceva: “Il giorno in cui salirò sul palco e non sentirò più mal di stomaco, vorrà dire che è giunta l’ora di smettere”. Io ho il voltastomaco tutte le volte che vado su un palco, per cui devo dire che è un buon segno.

Intervista a cura di Anna Minguzzi

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